Sui Monti Lepini lo zafferano è arrivato grazie a Quinto Marafini, che ha iniziato la sperimentazione. Ora è coltivato anche a Segni e Artena

È partita la raccolta dell’oro rosso dei Monti Lepini. Si tratta dello zafferano, coltivato da anni a Cori e Segni e da poco anche ad Artena. Il fiore, da non confondere con il colchico che cresce spontaneo (ecco perché è pericoloso), sta sbocciando in queste settimane. Quasi tutti i coltivatori, ogni mattina, sono sul campo per prenderne gli stimmi. Una raccolta che si fa a mano, un fiore alla volta, e che va avanti dalla metà di ottobre alla metà di novembre.

Pensate che per fare un solo grammo di “oro rosso” ci volgono circa centocinquanta fiori. Mille fiori si raccolgono e selezionano in tre ore e tutto a mano, senza macchine. Ecco perché il prezzo dello zafferano dei Lepini va dai 15 ai 60 euro al grammo, a seconda del mercato. Ecco perché lo si chiama “oro rosso”, affiancandolo all’oro verde (l’olio), all’oro nero (il tartufo) e all’oro marrone (i marroni). Proprio oggi Il Messaggero di Latina in edicola ha dedicato un articolo alla raccolta dello zafferano di Cori e Terracina, raccontando che quella incorso, sui Lepini pontini, non sembra essere una delle annate migliori.

Il decano dello zafferano dei Monti Lepini: Quinto Marafini di Cori

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Quinto Marafini

Ma partiamo dall’inizio. Cioè da quando lo zafferano è arrivato tra i sassosi pianori lepini. A Cori per la precisione. A portarcelo da L’Aquila è stato Quinto Marafini, decano degli zafferanieri lepini. “Quando ho iniziato la sperimentazione nel 2009 – ricorda Quinto – cercavo una coltura che non avesse bisogno di irrigazione né di particolari trattamenti, così sono andato a prendere i primi bulbi a L’Aquila. Poi nel 2011 ho fatto il primo impianto – prosegue – e ora lo produco per venderlo al dettaglio”.

In un fazzoletto di terra a circa 750 metri sul livello del mare, oltre la fascia olivetata, Quinto ha impiantato la spezia, seguendo una rotazione colturale per aumentare la produzione. E deve combattere anche contro i cinghiali, i tassi e i topi, che vanno ghiotti dei bulbi. Malgrado ciò, lo zafferano ha attecchito sui Monti Lepini, perché non ha bisogno di irrigazione né di cure troppo intense. Quinto, dopo averlo colto e fatto essiccare, fa analizzare la spezia a un laboratorio ligure e da quel momento parte la quotazione che dipende dalla categoria.

“Il mio è di prima categoria – dice Quinto – ma il problema è sempre la commercializzazione. Venderlo all’ingrosso non conviene, ecco perché lo vendo al dettaglio, anche perché è fondamentale per combattere la maculopatia, che è una malattia di cui non si è ancora trovata la cura. D’altra parte – prosegue – è una spezia che si può usare dall’aperitivo al dessert: va nelle zuppe, nei risotti, nella paella e pure nei ciambelloni. Se consiglierei di impiantarlo? Sì, specialmente alle aziende agricole che possono integrarlo con altre colture, come gli oliveti e i vigneti”.

La diffusione dello zafferano a Segni

Dopo l’impianto fatto da Marafini, la coltura dello zafferano si è diffusa in altri punti dei Monti Lepini, sia a Segni che ad Artena. A Segni lo sta impiantando anche Costantino Di Pietrantonio, che ha un’azienda agricola che produce spezie, canapa e olio. Nello stesso paese un’altra azienda è ormai avviata.

Si tratta dello “Zafferano Saraceno”, che produce l’oro rosso già da qualche anno. Mentre sul versante corese l’annata è “strana” perché, come dice Quinto, “le fioriture sono ridotte e non si sa il perché”, a Segni le cose vanno meglio. “La raccolta è iniziata circa una settimana fa – spiega Alessandro Malcostie possiamo ritenerci soddisfatti, anche se i conti andranno fatti alla fine”. L’azienda segnina vende l’oro rosso a prezzi competitivi, modulandoli anche in base al packaging.

L’iniziativa di Damiano Latini ad Artena

Chi si prepara a raccogliere i fiori ad Artena è Damiano Latini, titolare dell’azienda agricola “L’Oro del Brigante”. Latini ha iniziato la coltivazione otto anni fa ed ora vende l’oro rosso anche online. “Per la mia coltivazione – scrive Latini sul suo sito – ho deciso di adottare il metodo Bio-Sinergico-Consapevole. Bio perché è fondamentale conoscere la biologia del terreno e dello zafferano. Sinergico perché l’uomo e la natura collaborano per migliorare l’ambiente ed il prodotto. Consapevole perché l’uomo deve agire consapevolmente per il benessere dell’intero ecosistema e dell’uomo”.

Durante la pandemia Damiano ha riconvertito in zafferaneto un uliveto che si trova nella zona del Selvatico e sta attendendo la prima fioritura del nuovo impianto. “Quest’anno – confida – stiamo due settimane indietro: fa ventitrè gradi a novembre e quindi è chiaro che c’è qualcosa che non va. Mi auguro che ci sia ancora tempo per riprendere una normale andatura, altrimenti, se veramente continua così, sarà un brutto anno”. Intanto col suo prodotto è riuscito ad andare in tv, sul digitale terrestre, e il suo zafferano viene utilizzato da uno chef importante come Francesco Bonanni.

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